SOCIOLOGIA: LE TEORIE DEL CONFLITTO

LE TEORIE DEL CONFLITTO
CARATTERI GENERALI

Con l'espressione teorie del conflitto si allude a prospettive sociologiche spesso molto diverse tra loro, ma accomunate dalla tendenza a evidenziare la dimensione della conflittualità all'interno della società. Secondo tali prospettive, l'assetto sociale non è un sistema in perfetto equilibrio, ma la risultante provvisoria di precise dinamiche conflittuali. Alcuni sociologi appartenenti a questo orientamento teorico si rifanno espressamente all'analisi marxiana della società. Le teorie del conflitto condividono con il funzionalismo l'approccio "macrosociologico", la tendenza a privilegiare le grandi configurazioni sociali come soggetto di indagine. 


LE SOCIOLOGIE DI ISPIRAZIONE MARXISTA

Gli Apparati Ideologici di Stato sono strutture sociali individuate dal sociologo filo-marxista tedesco Louis Althusser. Secondo lo studioso lo stato si servirebbe di questi apparati per rafforzare e conservare le ideologie che sono funzionali ai rapporti di dominio esistenti. Questi apparati sono: la scuola, la chiesa, il sistema dei media e le altre istituzioni in generale; queste strutture affiancano gli strumenti di repressione del dissenso di cui o Stato dispone, come la polizia e le prigioni,al fine di tramandare le norme e i valori su cui la società si regge e quindi garantire la sopravvivenza delle strutture socio-economiche che ne sono il fondamento.
Secondo Pierre Bourdieu la scuola trasmette il linguaggio delle classi dominanti, permettendo solo ai ragazzi che vi appartengono di mettere realmente a profitto il proprio titolo di studio una volta usciti dal percorso scolastico. La scuola, premiando gli alunni migliori ratifica come "capacità" un fatto sociale: quello del "capitale culturale".


LE SOCIOLOGIE CRITICHE STATUNITENSI

Nelle teorie del conflitto rientrano anche le "sociologie critiche" nord americane, nate come risposta dell'opinione pubblica a rappresentare in termini idealizzati la propria realtà sociale. Con questa denominazione si indicano diversi studi di diversi autori statunitensi, condotti nell'arco temporale tra la grande depressione e la fine degli anni cinquanta, volti a demistificare l'immagine idealizzata che gli Stati Uniti davano di se all'opinione pubblica mondiale. Convinti che la società fosse diversa, molti studiosi affidano all'analisi sociologica il compito di metterne in luce gli elementi di criticità.

Nel 1929 i coniugi Rober Lynd e Helen Merrell pubblicano uno studio svolto sull'Indiana. Secondo i coniugi la vita sociale in tutte le sue forme è manipolata in funzione degli interessi economici dominanti. 

David Riesman nel 1948 pubblica il libro "La folla solitaria", in cui tratteggia quello che, a suo giudizio, è il tipo umano prevalente nelle società occidentali: l'individuo eterodiretto, affiancato dal potere della tradizione e del passato, ma incapace di autodeterminarsi liberamente. 

L'esponente più significativo della sociologia critica statunitense è Charles Wright Mills, il quale offre un quadro disincantato della società statunitense, denominata dal potere e dai grandi gruppi finanziari.

LA SCUOLA DI FRANCOFORTE

Una prospettiva sociologica originale, maturata, è quella elaborata dalla cosiddetta scuola di Francoforte, un gruppo di intellettuali che a partire dal 1929, si raccolsero intorno a Max Horkheimer, con l'avvento del nazismo furono costretti a lasciare la Germania alla volta degli Stati Uniti. 
Gli autori elaborarono una lucida analisi della civiltà industriale avanzata, nella quale nascono nuove e più sottili pratiche di controllo sociale, occultate da quei miti diffusi della democrazia e del benessere. 
Ne "l'uomo a una dimensione" di Mills, la libertà viene rappresentata come fittizia, poiché i bisogni degli individui sono in realtà indotti dalla società, sono quindi falsi bisogni.




Commenti